Da: Focus
Qual è il Paese più felice del mondo? Il Bhutan? La Danimarca? Probabilmente, una domanda così non ha senso.
Secondo un nuovo studio australiano in tema di geografia della felicità, gli indicatori usati si concentrano troppo sul confronto tra nazioni, senza tenere conto di fattori “interni” alla dimensione sociale di un Paese, determinanti nel benessere individuale.
I ricercatori dell’Australian National University hanno analizzato 11 diversi indicatori di benessere in 23 Paesi europei: tra i parametri considerati, con dati raccolti su 46.000 soggetti, c’erano vitalità, autostima, fiducia, senso di scopo, senso di appartenenza, soddisfazione per la propria vita. Sono stati anche presi in considerazione fattori che differenziano nazione e nazione, come il prodotto interno lordo, il tasso di disoccupazione e la fiducia nel sistema politico e giudiziario.
Scopo dello studio era verificare se i fattori “interni”, che non dipendono dalla geografia e dalle condizioni economiche di un Paese, contassero di più o di meno di quelli “esterni” – su cui si basa invece il confronto tra nazioni. Appartenere a una comunità, avere uno scopo nella vita o essere vitali e impegnati non dipendono strettamente dalla nazione in cui si vive (a meno che questa non versi in condizioni disperate di guerra o povertà).
Un quadro più preciso. Tra gli 11 indicatori di benessere misurati, soltanto uno varia da nazione a nazione: la soddisfazione per la propria vita. La diversa provenienza geografica è responsabile del 22% della variabilità di questo parametro. Gli altri 10 parametri, però, non sono collegati al Paese di provenienza. Spesso la soddisfazione personale è presa come base per valutare il benessere socio-economico di una nazione, e quindi il livello di felicità percepita dai suoi cittadini. Tuttavia, sottolineano i ricercatori, se si considera questo come unico fattore il quadro è incompleto: molti altri indicatori di benessere interni a una nazione contribuiscono a renderci felici (o infelici).
La ricetta per farli “salire” è, conclude la ricerca, sanare le disuguaglianze sociali interne, aumentando il potere d’acquisto della popolazione. La capacità di vivere dignitosamente con ciò che si guadagna è una buona base per dirsi felici.