Laura Pausini è sulla copertina di Vanity Fair, con una lunga intervista che prende spunto dall’uscita del suo nuovo album (“Fatti sentire“, a marzo) e diventa un bilancio dei venticinque anni di carriera che festeggia quest’anno. “Ogni tanto recupero un frammento tv di allora e, riguardandomi, mi sembra di vedere una rincoglionita. Non avevo 14 anni, ne avevo 20. Ero naïf, troppo naïf. Mi intervistò Mentana mi disse: ‘Sei zuccherosa’. Non era un complimento, ma aveva ragione“, ha confidato. E ha aggiunto:”L’impatto con il successo era stato devastante. Per molti anni non ero riuscita a essere me stessa. Era tutto gigante e tutto eccessivo, ma io non avevo alcuna voce in capitolo… Mi sentivo una bambolina trascinata qui e là“.
Il cambiamento, racconta, è arrivato oltreoceano. “La svolta accadde in America. Mi ero trasferita lì per qualche mese e venni trattata come quella che non volevo essere e men che mai diventare… Mandai a fare in culo un grande capo delle major Usa e scoprii una parte di me che non conoscevo. La parte della ribellione… E mi rese molto orgogliosa… Permettere agli altri di non farmi crescere nel momento in cui era necessario farlo restava una mia precisa colpa, ma dire il primo no fu importantissimo“. D’altre parte, confida Laura, “Sono una brava ragazza, ma resto un po’ pazza. Siamo un po’ matti, noi Pausini, E quella vena di follia mi ha salvato la vita“.
Merito anche di un membro speciale della sua famiglia, questo carattere. “Sono testarda come mia nonna. La madre di mio padre si chiamava Maria. Era la meravigliosa pazza di casa, accoglieva in un giardino grande come un fazzoletto tutti i gatti e i cani randagi del paese, ce l’aveva con gli uomini e non si radeva da quando, dopo quattro anni di matrimonio, suo marito era morto all’improvviso. Non l’aveva assolto per l’abbandono prematuro: ‘Sono cattivi i maschi, finiscono per lasciarti sempre da sola’“.