Il Grande Fratello è il più noto e longevo reality show della tv. Va in onda dal 2000 e da allora è stato un susseguirsi di edizioni in tutto il mondo: dall’Albania all’Ungheria, Italia compresa.
Un po’ (molto) show, un po’ esperimento sociale, si basa sull’interazione di un gruppo di persone, chiuse in una casa e riprese dalle telecamere 24 ore su 24. A stabilire il vincitore è il pubblico attraverso il televoto, scegliendo di volta in volta tra i concorrenti nominati dagli altri “inquilini”.
Un meccanismo a eliminazione che, più che il Grande Fratello protagonista di 1984 di George Orwell, da cui prende il nome, ricalca la trama di 10 piccoli indiani di Agatha Christie: dieci persone estranee l’una all’altra sono invitate a soggiornare su un’isola, dove vengono giustiziate da un misterioso killer, una per una con macabra puntualità. E pare che sia stata proprio quella l’ispirazione degli autori. Ma quella letteraria non è l’unica curiosità…
1. Gli antenati. I reality show con l’esposizione della quotidianità dei concorrenti agli occhi del pubblico non nascono con la tv, ma hanno un antenato negli zoo umani, in voga a partire dalla seconda metà dell’800. Allora ad attirare milioni di visitatori, curiosi di osservare la “vita in diretta” era l’esposizione di popolazioni esotiche come samoani o nubiani e non quella di individui della porta accanto. E il successo fu tale che tra il 1877 e il 1912, solo al Jardin zoologique d’acclimatation di Parigi si tennero circa 30 mostre etnologiche. Non a caso negli Usa, dove Big Brother è ancora seguito da milioni di spettatori, gli autori hanno spesso definito lo show come “the human zoo” (lo ha rivelato la produttrice Allison Grodner).
2. Il primo in tv. In un rifugio antiatomico 13 persone devono sopravvivere per 10 giorni, nonostante le difficoltà dovute alle alte temperature, a una dieta scarsa e a letti scomodi. Una variante dell’Isola dei famosi? No, un esperimento scientifico, svolto nel 1974 da due psicologi Usa (William Griffitt e Russell Veitch), per studiare le dinamiche tra individui in clausura e in condizioni estreme. Il primo reality show della storia della TV, Expedition Robinson, somigliava molto a quell’esperimento.
Si svolgeva in Svezia, nel 1997: i 16 concorrenti dovevano sopravvivere in situazioni difficili. Nel 1999, prendendo spunto dalle ricerche di Biosfera 2 (una sfera isolata in cui avevano vissuto 8 scienziati nel deserto dell’Arizona) nasceva in Olanda il Grande fratello, nome tratto dal romanzo 1984 di George Orwell.
3. Perché i reality hanno successo? Peter Collett, ricercatore di psicologia a Oxford (e consulente della produzione dello show) ha spiegato che «per gli spettatori, l’attrazione principale del programma è che offre una vicinanza senza precedenti alla vita di altre persone. Inoltre, ciò che affascina le persone in casa […] è che ci possono sorprendere. Sono un caleidoscopio costantemente mutevole di immagini e questo ci trasforma in detective part-time. Siamo affascinati da altre persone e dalle loro motivazioni».
4. Spontanei o costruiti? «Nelle prime edizioni dei reality» dice Armando Fumagalli, direttore del master in scrittura per la fiction all’Università cattolica di Milano «le puntate iniziali non funzionavano; la produzione decise così di “narrare” le storie con un uso accattivante del montaggio». Durante i collegamenti quotidiani noi vediamo quindi, della vita dei “reclusi”, solo gli spezzoni più interessanti, ordinati dagli autori per dare loro la veste di una storia.
«Ogni episodio » prosegue Fumagalli «è montato seguendo la logica delle soap opera, da cui provengono molti autori. Si costruiscono cioè linee narrative precise e punti di sospensione, e si dà rilievo ad alcuni personaggi attraverso i primi piani». Sono proprio i personaggi, con le loro emozioni, l’ingrediente segreto della “ricetta” reality; per questo sono selezionati con cura.
Il ruolo degli autori nel reality è molto diverso rispetto a quello degli altri programmi in studio: non ci sono né dialoghi, né scalette, né storie consegnate ai concorrenti. Gli autori montano le ore di girato, giornaliere e notturne, per la striscia quotidiana. Il copione, insomma, è fabbricato a posteriori invece che a priori. Per rendere però la trasmissione interessante gli autori inventano le prove settimanali e creano colpi di scena nello studio, come il bacio tra una nuova concorrente (Belen) e la presentatrice Ilary Blasi.
5. Per amore della scienza. Pur non non potendosi definire un esperimento scientifico in senso stretto (non è replicabile, e, come abbiamo visto, è viziato dal continuo intervento di autori e produzione), il genere reality show può essere utile alla scienza. Tre ricercatori internazionali hanno utilizzato il Grande Fratello inglese per esaminare come cambia l’accento al variare dell’intensità delle interazioni sociali che abbiamo.
6. Il narcisismo (di chi guarda). Chi guarda molti reality show ha più probabilità di essere narcisista. È la conclusione di uno studio realizzato su circa 600 persone dell’università dell’Ohio (Usa). «Ci sono persone con tendenze narcisistiche che cercano personaggi simili a loro stessi – spiega Ted Dickinson, uno degli autori della ricerca – mentre altri che guardano i reality vedono il narcisismo come comportamento normale e cominciano a agire in modo più narcisistico». Ma un’avvertenza è doverosa: lo studio ha preso in considerazione solo spettatori dell’età media di 20 anni, età in cui il narcisimo è più diffuso rispetto a quello degli adulti.
7. Record. Il paese che ha visto più edizioni del Grande Fratello è la Spagna (18 edizioni in 17 anni). Seguono Stati Uniti, Regno Unito, Italia e India.
Al Grande Fratello edizione olandese invece il Guinness dei primati attribuisce il record di più lunga diretta della storia della tv: la quinta edizione è durata complessivamente 8.763 ore, dal 2 marzo 2004 al 1 marzo 2005.
Da: Focus.it