L’Effetto che fa è la risposta che Manuel Foffo e Marco Prato hanno dato agli inquirenti quando gli è stato chiesto come mai avessero torturato e ucciso Luca Varani.
Lo spettacolo, scritto e diretto dal giovane regista Giovanni Franci, vede in scena tre attori under 35, coetanei dei veri protagonisti della storia, Valerio Di Benedetto, Riccardo Pieretti e Fabio Vasco, e vuole ricostruire in parte gli avvenimenti di quel tragico Marzo 2016, con un focus sui sentimenti che questo fatto ha aperto nelle coscienze di tutti.
L’omicidio di Luca Varani
Manuel, un ragazzo di ventinove anni, studente fuoricorso di giurisprudenza, eterosessuale, è in macchina con suo padre. Si stanno recando al funerale di un parente nelle Marche.
A circa duecento chilometri di distanza da Roma, il padre non può fare a meno di notare che quella mattina, suo figlio, sia particolarmente taciturno, così gli rivolge qualche domanda a riguardo.
Manuel, con estrema calma, risponde di essere in quello stato perché ha fatto uso di cocaina e di avere compiuto un omicidio insieme ad un suo amico, aggiungendo che il cadavere della vittima è ancora in casa sua. Il padre inverte la guida in direzione di Roma, mettendosi immediatamente in contatto con l’avvocato di famiglia.
Nell’appartamento di Manuel, al Collatino (periferia est di Roma), i carabinieri trovano il corpo massacrato di un ragazzo di 23 anni, si chiamava Luca, veniva da La Storta (periferia nord di Roma). Il cadavere di Luca è disteso sul letto, avvolto in un piumone.
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Manuel ammette subito la propria responsabilità in quel crimine ed indica come suo complice Marco, un ragazzo di trent’anni, laureato con master all’estero, organizzatore di feste, di aperitivi, grande fan di Dalida, omosessuale.
Marco viene trovato in una camera d’albergo dove ha messo maldestramente in scena un tentativo di suicidio sulla falsariga di quello di Dalida, con “ciao amore ciao” cantata da Dalida a tutto volume come colonna sonora.
Manuel e Marco dichiarano di aver attirato la vittima in quell’appartamento perché avevano intenzione di fare del male a qualcuno e di aver torturato Luca fino alla morte, sopraggiunta soltanto dopo due ore di sevizie indicibili, semplicemente perché avevano voglia di vedere l’effetto che fa.
Gli scenari che emergeranno da questo momento in poi, sono tra i più allucinanti e disturbanti che la cronaca ricordi.
L’autore Giovanni Franci porta in scena l’omicidio Varani
“Prima di iniziare a lavorare su questo testo, mi sono fatto alcune domande, mi sono chiesto: cosa ho in comune con Manuel e Marco, ovvero, con i due assassini? Manuel e Marco sono nati e cresciuti a Roma, come me. Fanno parte della mia stessa generazione (trentenni con sensi di vuoto e vuoti di senso vari ed eventuali). Sono di buona famiglia. Hanno frequentato buone scuole. Hanno ricevuto una buona educazione e una buona istruzione. Sono cresciuti in un ambiente borghese (termine ormai desueto in tutto il vecchio continente tranne che a Roma), più o meno cattolico, democratico, perbene” – ha raccontato l’autore Giovanni Franci.
“Insomma, ho decisamente molte cose in comune con loro, così mi sono posto un’altra domanda: Come è stato possibile che tanta buona famiglia, tanta buona educazione, tanta buona istruzione abbiano portato a un risultato tanto abominevole, disastroso, agghiacciante? Domanda tanto retorica, quanto tremendamente chiara, ma non per questo ovvia, è la risposta. Ancora un’altra domanda. Mi sono chiesto: cosa ho provato quando iniziarono ad uscire le prime notizie su questo massacro avvenuto a Roma, di prima mattina, in un appartamento al decimo piano del Collatino? Si parlava di un festino durato tre giorni culminato con l’omicidio di un povero ragazzo chiamato in quell’appartamento da due ragazzi allo scopo di prostituirsi in cambio di soldi e roba”.
L’omicidio Varani in scena a teatro
“Non ho dovuto fare nessuno sforzo per ricordare il senso di profondo malessere che ho provato in quei momenti. Quello stesso malessere – ha proseguito Franci – mi ha accompagnato durante tutta la stesura del testo e in qualche modo lo avverto tuttora. Lo sento ancora adesso, forte e chiaro. Da quelle prime notizie, la storia di questo omicidio ha iniziato a riempirsi di particolari sempre più raccapriccianti, di rivelazioni sempre più incredibili e spaventose, trasformandosi in uno sconvolgente, desolante e, almeno per me inedito, viaggio nei meandri più bui dell’animo umano. Una vera e propria discesa negli inferi”.
“Il malessere che ho provato e provo tuttora mi ha quindi ferito indelebilmente, forse proprio perché i protagonisti di questa storia sono così vicini a me, anagraficamente, socialmente e culturalmente parlando. Ciò che più mi ha disorientato, credo non soltanto me, è la motivazione del delitto, cioè l’assenza di motivazione”.
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