Arena quasi piena con ingresso gratuito per i cinque minuti di “no action”. Un contentino per coloro (tanti) che non possono permettersi l’ingresso per il match (costo da 500 a 10 mila dollari di facciata, ma molto di più alle rivendite del mercato secondario). McGregor, che potrebbe guadagnare 100 milioni di dollari, è salito sul palco con la bandiera del suo Paese sulle spalle e i tatuaggi ben esposti, distribuiti su tutto il torace: una testa d’orso con in bocca un cuore e quella di una tigre, oltre al suo nome a caratteri cubitali.
Entrambi hanno fatto il peso senza patemi: Conor 153 pound, mezzo chilo circa sotto il limite; Floyd 149.5 abbondantemente più leggero. Poi si sono messi faccia a faccia e McGregor gli ha urlato una lunga serie di parolacce. “I miei avversari li trasformo in statue e poi li schianto. Farò a pezzi anche lui. Stasera sarò molto più grosso e potente di Floyd”, ha gridato l’irlandese.
Aveva gli occhi spiritati del pazzo e faceva paura. Non a Mayweather (200 milioni di borsa, il motivo per cui ha deciso di tornare), che non ha mai perso in 49 sfide. A meno che questi due anni di inattività non lo abbiano irrimediabilmente arrugginito, non lo farà neppure stasera. Diceva: “Il peso non ti fa vincere i match, così come i tifosi. Sul ring saremo io e lui e vi garantisco che finirà molto prima dei 12 round”. Non ha urlato, solo sussurrato: è la calma di chi ha smisurata sicurezza nei propri mezzi. E spesso intimorisce più delle urla.