Cammina instabile sotto il peso della sua fama, Clive Davis, una leggenda della musica, il più grande discografico di tutti i tempi che ha cavalcato epoche sempre nuove da protagonista, dagli Anni Sessanta via d’ un fiato fino al nuovo Millennio, capace di attraversare i generi, dal rap al country, sempre scommettendo su una voce sconosciuta oppure resuscitando carriere date per morte.
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Strano uomo Clive Davis, che oggi, a 85 anni, si permette il lusso della commozione mentre ripercorre in film la cavalcata di una vita unica. Un documentario dedicato a lui, con interviste agli artisti più rappresentativi della sua sterminata scuderia. The Soundtrack of Our Lives di Chris Perkel e prodotto da Ridley Scott è stato presentato al Film & Music Ischia Global Fest, prima proiezione a seguire l’ apertura del Tribeca di New York. «C’ erano seimila persone in piedi ad applaudirmi al Radio City Music hall. Un’ emozione enorme», ricorda lui. La voce più bella Standing ovation anche a Ischia e qualche lacrima di nostalgia per molti.
Eppure questo documentario non è solo un tributo a Davis, è allo stesso tempo un omaggio straziante alla splendida Whitney Houston che lui scoprì diciassettenne. «La voce più bella del mondo. Una ragazzina, anche altri erano interessati a lei ma la famiglia capì che io l’ avrei trattata da figlia e firmò con me». Gli brillano gli occhi solo quando parla di lei, del successo planetario, di quando la vide così magra da esserne impressionato, di quando le scrisse una lettera pregandola di farsi aiutare e di quando credette che lei ne fosse fuori. E la sua morte il giorno prima della notte dei Grammy.
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Cinquant’ anni fa e quest’ avvocato di talento del dipartimento legale della Colombia Records appartenente alla Cbs, per passione cambiò radicalmente vita: «Mai avrei immaginato di avere orecchio musicale, mai. E neppure un talento per capire talenti altrui. Venivo da una famiglia povera ebrea e come tale avrei dovuto fare l’ avvocato. Noi ebrei facevamo così». Poi quel festival e la Cbs che apre al rock e in tre anni raddoppia la quota di mercato. Lui mise sotto contratto personaggi come i Chicago, Bruce Springsteen, Santana, Billy Joel, i Pink Floyd. «Da lì non ho mai smesso fino ad Alicia Kays e ai Maroon Five e alle giovani Kelly Clarkson e Carrie Underwood vincitrici di American Idol ».
«Oggi ho fondato a New York una scuola per musicisti. Dopo quattro decenni qualcosa devo pur restituire». Come le piacerebbe essere ricordato? «Come uno sempre all’ avanguardia che ha superato le barriere dei generi e i confini politici. Ho scoperto musicisti che hanno fatto la storia». Il titolo di una canzone? « Sound of Silence, Because the Night, Fallin’ di Alicia Keys, Piece of My Heart di Janis Joplin, ma penso spesso a I Will Always Love You e alla sua splendida cantante».
Da: la Stampa