La rivista Scientific Reports ha pubblicato una ricerca degli scienziati del Nico, Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi, dell’Università di Torino che rivela come nei roditori l’attrazione per l’altro o per lo stesso sesso sia legata a una dinamica biologica, ovvero a una complessa interazione tra geni e ambiente, guidata da un processo noto come “neurogenesi adulta”. La neurogenesi adulta è l’integrazione di nuovi neuroni in alcune aree del cervello. Gli scenziati hanno preso in esame due aree del bulbo olfattivo di un particolare gruppo di topi (che, a causa di una mutazione genetica, presentano un basso numero di neuroni ipotalamici GnRH, cellule del sistema nervoso che svolgono un ruolo importante nel regolare l’attività delle gonadi), aree fondamentali perché regolano integrazione sociale e comportamenti riproduttivi nei roditori.
“Questi topi si accoppiano regolarmente con le femmine ma in presenza di feromoni maschili il loro cervello si comporta esattamente come quello femminile. – spiega Paolo Peretto, professore di anatomia dell’Univeristà di Torino e del Nico – È un’interessante dimostrazione del fatto che l’attrazione sessuale è un fenomeno pienamente biologico, regolato dall’attività del cervello che nasce dall’integrazione tra geni e ambiente“.
I topi maschi esaminati, affetti da ipogonadismo (cioè di una bassa attività delle gonadi dovuta alla mancanza dei sopracitati neuroni GnRH), se esposti ai feromoni maschili, hanno generato un fenomeno di neurogenesi identico a quello delle femmine, mutando anche il comportamento sessuale: in assenza del testosterone, insomma, la modulazione dei circuiti neurali indotta dai feromoni li ha spinti a preferire il genere maschile. I risultati non dicono moltissimo sui meccanismi che agiscono all’interno del cervello umano ma rappresentano ugualmente un prezioso contributo da rilevare con attenzione che ci parla di una perfetta compatibilità tra omosessualità e biologia.