“I gay sono malati”, “l’omosessualità non è una condizione normale”, “in realtà l’omosessualità non esiste”, e “i gay, sono asessuate e omoerotiche”. Con queste parole la dottoressa Silvana De Mari, chirurgo, endoscopista, psicoterapeuta, è finita sotto indagine presso l’Ordine dei Medici e ora anche l’apertoura di una indagine da parte della procura di Torino.
L’accusa è dura: diffamazione aggravata dalla finalità della discriminazione e dell’istigazione all’odio razziale. Eppure la De Mari aveva subito detto di “amare gli omosessuali“, di averne curati molti e dunque di capirli. Solo che non si schiera al fianco di quella che lei definisce la schiera dei “nuovi ariani” di cui è “vietato parlar male”. A denunciare la psicoterapeuta sono stati gli attivisti di Torino Pride e il procuratore Antonio Spataro lo ha consegnato nella mani di un pool di pm esperto di legge Mancino. Ovvero quella norma che “condanna gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali”. Oltre al movimento Lgbt torinese, però, la De Mari dovrà vedersi anche dal fuoco incrociato dell’avvocatura del Comune di Torino (visto che il Consiglio per volere del consigliere Pd Maria Grazia Grippo ha deciso di denunciare a sua volta la psicoterapeuta) e quello della Regione (che ha già schierato i suoi avvocati). Tutti contro uno.
“L’omofobia è un diritto che rivendico”, avrebbe detto la donna. Nei giorni della bufera mediatica che le si era scatenata contro aveva continuato a dire ciò che pensava: ovvero che “Madre natura non ha previsto la penetrazione anale: quell buco non è stato creato per quella cosa lì, si ammala”, che “nelle pratiche di iniziazione del satanismo esiste il sesso anale” e che ” l’unione gay che porta all’incontinenza anale, all’ascesso anale non può essere considerata una cosa positiva”.